CARRÙ – IL COMUNE

In origine la zona dove oggi è edificata Carrù era abitata dai Celti Bagienni.
In tempo medioevale Carrù fece parte della Contea di Bredolo (Mondovì) e nel 901 passò sotto l’amministrazione della signoria dei Vescovi d’Asti. Nel 1250 fu ceduta nuovamente al comune di Mondovì alla famiglia dei Bressano. Sottomessasi agli Angiò, Carrù passo‘ nel 1258 alla famiglia francese e nel 1318 ai principi d’Acaia sino al 1370, anno in cui passo‘ sotto al marchese di Monferrato.
Passò quindi sotto i marchesi di Ceva nel 1372 e nel 1418 sotto Ludovico Costa, Luogotenente del principe Ludovico d’Acaia: il feudo resterà nominalmente alla famiglia Costa sino al 1872.
Nel XVI secolo Carrù fu preda di saccheggi e di stragi da parte delle truppe francesi e spagnole, nonché decimata da pestilenze e carestie. I Carruccesi si vendicarono nel 1704 quando durante la secessione in Spagna furono tenute prigioniere duecento truppe provenienti da Francia e Spagna. Nel 1706 più di trecento Carruccesi presero parte alla difesa di Torino contro i Franco-Ispanici , i quali tra il 1726 ed il 1728, transitando per la zona, si fecero rifornire dagli abitanti del paese, assestando un duro colpo all’economia della zona.
A Carrù transitò pure Napoleone Bonaparte, la sera del 23 aprile 1796 (dopo le vittorie sulle truppe austro-ungariche a Dego, Cairo Montenotte, Cosseria, Millesimo, San Michele Mondovì e Mondovì), durante la sua discesa in Italia. Le sue armate si fermarono a dormire sulla collina Preosa, mentre Napoleone dormì in paese, in una casa nell’odierna via Mazzini appartenente all’avvocato Piero Antonio Massimino, decretando che 60.539 lire dovevano essere date ai suoi soldati come tassa da parte dei cittadini.
Nel 1799 si stanziarono le truppe austro-russe che, dopo le razzie dei francesi, dilapidarono Carrù di viveri e ai cittadini furono imposte pesanti tasse.
Dopo la Battaglia di Marengo nel 1800 i francesi tornarono a Carrù, devastando la campagna ed imponendo nuovi e pesanti tasse, rimanendovi sino al 1815, l’anno della restaurazione.
Durante la seconda guerra mondiale. le truppe tedesche presero il controllo del castello di Carrù (oggi sede della Banca Alpi Marittime) e durante il periodo della liberazione morirono diciassette partigiani Carruccesi nel tentativo di liberare il paese, tra i quali era presente Giuseppe Perotti (Medaglia d’oro al Valor Militare).

Per maggiori informazioni su Carrù
www.comune.carru.cn.it
www.turismoincarru.it

MONUMENTI

Castello
Il diploma imperiale di Enrico II dell’anno 1041 è sino ad oggi il documento più antico ed attendibile a riguardo del castello di Carrù: infatti, nonostante la brevità dell’informazione documentaria, „placium et Carrugo cum castris et capellis…“, emerge un preciso riferimento al castello, che insieme al borgo ed al territorio carrucese apparteneva ai Vescovi d’Asti.
L’aspetto del castello è il risultato di svariati interventi condotti attraverso i secoli: vi si possono rintracciare parte della merlatura, aperture gotiche murate, feritoie, a testimonianza della funzione difensiva e strategica della costruzione in periodo medioevale.Successivi interventi riconducibili al 1600, ne modificarono l’assetto ed anche la destinazione d’uso, divenendo tranquilla abitazione di campagna per la villeggiatura dei conti Costa. Alcuni interventi di gusto neogotico, insieme alla sistemazione del giardino, condotti intorno alla metà del 1800, ne completarono la fisionomia, tuttora riscontrabile.
L’interno conserva grandi saloni, alcuni dei quali decorati con motivi floreali e allegorie mitologiche, riconducibili in parte alla seconda metà del 1600 ed in parte alla prima metà del 1800; l’arredamento e la ricca collezione di tele (tra queste interessanti opere di scuola piemontese e genovese) risalgono pressoché interamente alle sistemazioni sei-settecentesche dei Costa. Fra i vari ambienti merita particolare attenzione la „camera dell’alcova“, che conserva un arco in legno e stucco dipinto, singolare esempio di gusto decorativo e scenografico barocco.
Gli ottimi progetti di riuso dell’edificio da parte della Banca Alpi Marittime hanno portato il castello ad una completa rivalutazione, nuovamente fulcro culturale e protagonista della storia in divenire della zona.

Palazzo del Comune
L’edificio che ospita la sede Comunale è stato costruito nella seconda metà del Settecento. Apparteneva alla famiglia Ghigliossi, che in paese svolgeva incarichi amministrativi ed aveva interessi economici legati al commercio della seta a Carrù e a Mondovì. Un ramo della stessa famiglia fu infeudato della contea di Leime. Dopo il periodo francese il palazzo passò in diverse mani, probabilmente per speculazione immobiliare; tra i suoi proprietari figurarono gli Alessi di Canosio e i Reyneri i quali nel 1844 lo cedono al Comune che vi stabilisce la propria sede, l’archivio, le carceri ed aule scolastiche.

Palazzo Lubatti
I Lubatti sono una antica famiglia documentata in Carrù ) sin dal XV secolo. A cominciare dal fine ‘400 – primo ‘500 un ramo di questa numerosa famiglia inizia ad emergere nell’ambito della società carrucese: si riscontrano infatti alcuni Lubatti che ricoprono incarichi rappresentativi nelle varie istituzioni civili e religiose locali. Da allora sino al primo ‘900 i Lubatti di questo ramo sono presenti in Carrù in qualità di avvocati, notai, giudici, militari, sindaci, consiglieri, religiosi, iscritti alle varie congregazioni religiose, ecc. configurandosi pertanto tra le famiglie emergenti; per i tempi più antichi sino a tutto l’800 è da sottolineare inoltre lo stretto legame di membri della famiglia Lubatti con i Conti Costa della Trinità, feudatari del luogo. Come i Conti Costa della Trinità, Signori di Carrù, troviamo i Lubatti tra gli iscritti della Confraternita di San Sebastiano (Battuti Bianchi), che aveva sede dapprima nell’antico oratorio ubicato dietro la Chiesa Parrocchiale; successivamente nella sede odierna, compresa nella stessa isola urbana ove sorge la dimora dei Lubatti.
L’edificio sembrerebbe pervenire alla famiglia intorno alla metà del XVIIº secolo per passaggio ereditario e la sistemazione del palazzo quale oggi appare si può riferire appunto a quel periodo e fu condotta con chiari intenti rappresentativi,
La notevole dimensione dell’edificio – il prospetto di facciata è lungo 38 metri e 33 cm.- , che va letto, in parte, come il risultato di accorpamenti di edifici medievali  sta a significare la chiara rilevanza sociale di chi ne commissionò la sistemazione, ma sono soprattutto le ricche e singolari decorazioni  esterne ad esprimerne simbolicamente il ruolo sociale, politico ed economico.
Nonostante la decorazione del prospetto esterno di facciata sia molto sbiadita e poco leggibile, ancora affiorano l
e finte architetture che incorniciano le grandi finestre rettangolari del piano nobile: ognuna è caratterizzata da busti di imperatore a coronamento del timpano.A piano terra la decorazione delle finestre quadre include cornici sormontate da mascheroni .
L’edificio presenta tre piani fuori terra; la facciata occupa per intero il lato nord-ovest della piazzetta del Municipio.
A piano terra in facciata  quattro porte rettangolari a battenti lignei e una sequenza di finestre di forma quadrata:  sono visibili le tracce di tamponatura dell’originale portone d’ingresso, sul quale ancora si scorge lo stemma gentilizio dei Lubatti.
Il primo piano, o piano nobile dell’antica dimora dei Lubatti spicca per particolare carattere: è una infilata di ambienti di dimensioni differenti, tutti caratterizzati da soffitti a cassettoni lignei. Tutti gli ambienti di rappresentanza del piano nobile guardano verso la piazza e sono comunicanti  attraverso porte in noce a doppio battente databili tra il XVIIº e il XVIIIº sec. Interessante  il salone d’onore di forma quadrangolare, in cui troneggia un maestoso camino con stemma dei Lubatti dipinto. Da molti anni il palazzo non è più abitato.

Parrochiale di Maria Vergine Assunta
La Chiesa Parrocchiale, dedicata a Maria Vergine Assunta, sorge nel cuore del concentrico di Carrù e si affaccia sull’attuale piazza Caduti per la Liberazione. Nel XIII secolo, nella villa carrucese, viene eretta la chiesa di S. Maria sul sito dell’attuale Parrocchiale, che diventa nel tempo la primaria sede di culto, sostituendo San Pietro in Gradu. La chiesa medioevale subisce nei secoli svariati interventi: tra Cinquecento e Seicento viene descritta nei documenti come un edificio a tre navate con undici altari. Nella seconda metà del XVII secolo la chiesa è oggetto di un complesso rinnovo edilizio, condotto sui disegni dell’architetto di Corte Giovenale Boetto: l’antico edificio si popola di lesene e fitti intrecci in stucco abbinati a zone affrescate da Giuseppe Nuvolone; Boetto ridisegna campanile e facciata. Tra fine Seicento e primo Settecento le frequenti occasioni di guerra che recano danni all’edificio e la sua scarsa ampiezza determinano la necessità di costruire una nuova chiesa parrocchiale. Si giunge così all’edificio odierno.  Si procede all’abbattimento dell’antica costruzione, di alcune case e della vecchia canonica per ottenere una vasta area, in cui edificare la nuova sede di culto. Il progetto della chiesa viene affidato al giovane architetto-ingegnere Francesco Gallo (1672-1750), esperto di fortificazioni militari e parallelamente impegnato nel cantiere della chiesa parrocchiale di Frabosa Soprana. Nel 1703 si apre il cantiere carrucese. Per la costruzione della chiesa si adoperano mattoni e pietre provenienti dalla demolizione degli edifici antichi e di parti delle mura di cinta del paese. Una fornace a San Pietro provvede nuovi mattoni. L’edificio si sviluppa secondo una pianta a croce greca, lunga 28 metri e larga 21 metri. Nel 1708 è terminato il campanile; nel 1719 si conclude la realizzazione della volta e si intonacano le pareti interne. L’esterno della chiesa è rigorosamente di mattoni a vista e solo in facciata presenta sobrie decorazioni. La chiesa parrocchiale viene consacrata ufficialmente il 21 settembre 1774 con l’intervento del vescovo di Mondovì.
Per la sistemazione e decorazione interna della chiesa si succedono numerose maestranze, marmorari, stuccatori, falegnami, pittori, scultori, fabbri e vetrai, che lavorano per apparati e arredi, in un itinerario complesso di interventi, che va oltre il cantiere di Francesco Gallo. I primi significativi lavori d’arredo nel maestoso spazio interno interessano le due grandi cappelle laterali: entrando a destra l’altare delle Anime e a sinistra l’altare della Madonna del Rosario, autografi del Gallo, furono realizzati dal marmoraro genovese Torre (1717-18). I lavori delle due preziose cappelle sono pagati dalle compagnie omonime e con denari che provengono dal Priore Luca Antonio Zavatteri (Rosario) e dalla Dama Camilla Piacenza di Farigliano (Anime). Tra il 1725 e il 1730 è chiamata l’équipe dello stuccatore luganese Cipriano Beltramelli, attivo in Piemonte, che con gusto raffinato inserisce i capitelli corinzi sulle lesene e sulle colonne e modella il cornicione (che corre in alto lungo il perimetro della chiesa) e le cartelle in stucco, che coronano gli arconi laterali.Questi elementi sono realizzati rigorosamente bianchi e verranno dorati solo intorno alla metà dell’Ottocento. L’artista dipinge invece le lesene a finto marmo, un lavoro lungo e ripetitivo, che nasconde nella marezzature marmoree bozzetti, sagome, paesaggi, teschi e angeli. Nel 1729 l’arciprete Carlo Tomaso Badino commissiona l’altare maggiore: una sontuosa mensa barocca festosa di angeli e putti, realizzata dal marmoraro genovese G. A. Ponsanelli, fortemente influenzato dall’opera di G.L. Bernini. L’arciprete committente viene sepolto ai piedi dell’altare prezioso di marmi policromi.
Alcuni interventi pittorici si devono alla mano del celebre artista di Corte M. A. Milocco, attivo a più riprese tra il 1759 e il 1762 (Ultima Cena, Trionfo del nome di Maria per la volta del presbiterio, giochi di putti, Storie della Vergine, ecc.). I quattro altari delle cappelle minori laterali sono rimaneggiati ampiamente nel corso del XIX secolo e conservano rari frammenti degli interventi settecenteschi.

Palazzo Alessi di Canosio
La presenza a Carrù degli Alessi è documentata fin dal XVII secolo. Mercanti di bozzoli e seta, incrementano via-via la loro fortuna e all’inizio del Settecento le case in questione erano già di loro proprietà, come risulta dai testamenti della famiglia. Nel 1727 Giovanni Battista Alessi impiantò un Filatoio nella valle del Rivo sotto il Castello di Carrù. L’impianto del Filatoio si rivelò un’operazione più che azzeccata, che arrecò agli Alessi molto denaro e prestigio. Nell’arco di un ventennio la famiglia diventò una vera potenza economica nel paese e nel territorio circostante. Il palazzo carrucese degli Alessi, simbolica presenza di potere e prestigio, sorge su parte delle mura e delle fortificazioni medievali del concentrico, in prossimità del Castello, accanto alla Chiesa parrocchiale. Proprio per questa particolare posizione ha un aspetto spigoloso e bizzarro, ma riserva al suo interno saloni decorati di sorprendente carattere. Nel Settecento rappresentava la dimora più prestigiosa e “à la page” del concentrico carrucese.
La sistemazione dell’edificio nelle forme attuali è documentata agli anni 1758-60 e venne condotta dal pittore-scenografo Nicolao Dallamano, figlio di Giuseppe, che nel 1751 aveva dipinto la grande scenografia d’altare –mostra d’altare- nella Parrocchia. Bello il portoncino d’ingresso settecentesco, sormontato da un mascherone in pietra. Assai interessante l’atrio, dove in uno spazio esiguo le quadrature, le finte architetture, gli sfondati prospettici giocano un ruolo di ampliamento illusorio. Nei vari ambienti delicati motivi floreali, ramages, alternati ad esuberanti architetture dipinte, si accostano a scene tratte dalla mitologia: gli Dei dell’Olimpo, il carro di Diana, Venere e putti diventano presenze “domestiche” all’interno del palazzo più esclusivo della Carrù del Settecento. Alcuni soffitti sono impreziositi da cassettoni lignei dipinti. Nella camera dell’alcova le decorazioni pittoriche si alternavano a motivi in stucco dorato. Nell’Ottocento gli Alessi di Canosio, che possedevano anche un altro palazzo nel Borgo Santa Lucia, si trasferirono nel grandioso palazzo di via dei Morelli, accanto alla sede del Municipio di Carrù.

Palazzo Boschetti Avagnina
l prospetto affrescato del palazzo rappresenta una delle pagine figurative carrucesi più ricche di fascino. La decorazione pittorica è giocata su finti elementi architettonici, come le cornici delle finestre e il bugnato d’angolo, che si accostano a delicati elementi naturalistici. Sono da notare la gabbietta con l’uccellino, il vaso di fiori, i vetri rotti dipinti e soprattutto la sorridente figura della dama, che si affaccia da una finestra con la rocca e il fuso tra le mani. Un turbante svetta sull’ampia fronte e incornicia il viso tondo e allegro della donna; la sporgenza del ventre sotto le pieghe del vestito fa pensare ad una maternità. La dama è un fresca immagine, che sembra raccontare un momento di tempo fermato, un frammento di vita quotidiana, quasi un dialogo “metafisico” con chi molti anni fa come oggi si ferma a guardarla. La vasta superficie della facciata decorata, vincolata dalle Soprintendenze fin dagli anni quaranta del ‘900, rappresenta, nel suo complesso, la decorazione esterna più ampia e ‘meglio conservata’ nel concentrico del paese, soprattutto dopo il restauro condotto nel corso del 2006 Una parte della decorazione pittorica risale al XVII secolo, ma il gusto e l’impostazione conducono a formule tardo cinquecentesche. Successi interventi pittorici furono eseguiti nel corso del settecento e dell’ottocento.

Casa Canonica
La Casa canonica è un palazzotto sistemato tra settecento e ottocento su preesistenze, che conserva al suo interno interessanti soffitti voltati e decorati e cassettoni lignei dipinti. Vero gioiello il ‘salone’ a testimonianza di un gusto riferibile alla seconda metà del ‘700: è un ambiente originale in tutte le sue componenti, porte, camino in marmo, decorazioni parietali trompe l’oeil, sovrapporte dipinte con scene di marine e porti, un soffitto a cassettoni lignei decorati; sul camino lo stemma dell’arciprete Occelli, che fu parroco del paese tra la fine del settecento e il primo ottocento. La facciata presenta una sobria architettura caratterizzata da occhi ciechi, posti in alto sotto il cornicione dell’edificio; il portoncino d’accesso è di primo ‘800. Nell’area dietro la Chiesa parrocchiale sorgeva il vecchio cimitero del paese, che venne utilizzato dalla popolazione fino all’epoca napoleonica; in seguito all’editto di St.Cloud, venne spostato fuori le mura nell’attuale sede. Nel sito in cui oggi si trova la Casa del parrocchiano era ubicata l’antica chiesa della Confraternita di S.Sebastiano, documentata fin dai primi anni del Cinquecento. Minacciando rovina, nella seconda metà del settecento la chiesa della confraternita venne spostata nella nuova sede (attuale chiesa dei Battuti Bianchi disegnata da Filippo di Robilant). Nella parte sottostante il cimitero e la chiesa della Confraternita correvano le mura di cinta del paese: via della Valle ne ripercorre l’antico tracciato.

 Confraternita dei Battuti Bianchi
Chiesa di San Sebastiano
La Chiesa della Confraternita dei Battuti Bianchi, dedicata a San Sebastiano, si affaccia sull’attuale piazza Dante all’imbocco con via Mazzini (antica via della Piazza). La fondazione della Confraternita, che si occupava di bambini poveri e orfani, assisteva malati e diseredati, è antecedente il 1528, quando documenti ne attestano l’esistenza: l’antica sede del sodalizio sorgeva ‘a levante della parrocchiale’ e fu abbattuta dopo la costruzione dell’attuale edificio. Nella seconda metà del ‘700, dopo un progetto di B.A. Vittone, rifiutato perché troppo grandioso, fu chiesta a Filippo Nicolis di Robilant (1723-1783) la pianta dell’attuale edificio, ch’egli risolse con singolare ingegno e straordinario gusto scenografico, avvezzo com’era all’elaborazione di apparati per i teatri e le feste di Corte. Il cantiere di costruzione si protrasse dal 1765 al 1774 e si avvalse dell’opera dello stuccatore F. Barelli; nel 1776 il pittore Toscanelli ne decorava pareti e soffitti con una sensibilità ed un’eleganza verosimilmente suggerite ancora dal Robilant. Successivi interventi decorativi (fratelli Prinotti, primo ‘900) reinterpretarono e coprirono parte delle antiche pitture che, fortunatamente, riaffiorano per la caduta di frammenti di colore. Il coro, con stucchi di N.Soleri, fu aggiunto tra il 1846-47 su disegno dell’architetto monregalese G.B. Gorresio. L’oratorio di San Sebastiano raccoglieva le famiglie di più antica storia presenti in paese: non a caso anche i Conti Costa della Trinità, Signori di Carrù (una tra le famiglie più in vista presso la Corte Sabauda) era legatissima a questa chiesa e fu Vittorio della Trinità, Viceré di Sardegna e Priore della Confraternita, ad invitare a Carrù l’amico Robilant, pagato dai confratelli con “regali di trifole, salmate di vino bianco, robiole, pescarie e volatili”.La Chiesa della Confraternita dei Battuti Bianchi è un autentico gioiello d’arte. L’architettura tesa e nervosa disegnata dal conte Filippo Nicolis di Robilant gioca con effetti chiaro-scurali e si avvale di una decisa impostazione scenografica: qui è risolto uno degli spazi più caratterizzati e armonici del concentrico carrucese. L’edificio presenta in pianta una successione ritmica di partizioni, in cui prevale l’elemento della linea curva. Il pavimento della chiesa, realizzato in pietra di Barge, è posto in leggera salita.

Confraternita dei Battuti Neri
Chiesa di San Giovanni Battista decollato
La fondazione della Confraternita, che svolgeva assistenza ai moribondi, ai carcerati ed ai condannati a morte, risale al 1616; il sodalizio occupava sin d’allora la sede attuale che, intorno alla metà del ‘700, fu risistemata su progetto dello scenografo – quadraturista Nicolao Dallamano, figlio di Giuseppe. L’interno è giocato da una decorazione a trompe l’oeil, fastosa ed esuberante, scaturita dal genio creativo del Dallamano, contemporaneamente attivo in un altro cantiere carrucese, la dimora degli Alessi di Canosio sulla Piazza. Per le figure lo affianca, in entrambi i casi, un pittore non ben identificato, assai affine ai modi di M.A.Milocco: ‘il Battista in gloria tra angeli’ al centro del soffitto crea illusione di sfondamento ed offre uno scorcio di Paradiso. Il coro fu aggiunto, per rinnovate esigenze di culto, nel corso del XIX° sec. con interventi dei pittori F.Toscano e C.Vicino, così come la facciata esterna è ottocentesca, con statue del Battista e di S.Giovanni Nepomuceno dello scultore A.Roasio. Alla Confraternita erano legati i Conti Alessi di Canosio, proprietari del ‘Filatoio da seta’ nella valle del Rivo: di loro patronato l’altare del Crocifisso (a sinistra entrando) ai cui piedi avevano diritto di sepoltura; di fronte l’altare dedicato a S. Giovanni Nepomuceno. Nella chiesa è conservata la statua settecentesca della ‘Madonna del Carmine’, cui i carrucesi erano particolarmente devoti. Nel piccolo edificio posto accanto alla chiesa (a sinistra guardando la facciata, caratterizzato dall’affresco della SS.Trinità) era ospitato l’antico ospedale del paese che nei primi anni del ‘700 fu spostato nella sede odierna; l’edificio divenne allora sede del Comune e del carcere. Capolavori del XVIII° sec. custoditi all’interno dell’edificio: la ‘decorazione scenografica’ di Nicolao Dallamano nella sua globalità; le statue policrome processionali del ‘Cristo portacroce’ e dell’Angelo recante la testa del Battista’ riferibili a G.B. Bernero nella prima fase della sua attività. Nel basso edificio, facente parte del complesso ecclesiastico, è inserito un affresco seicentesco che raffigura la SS.Trinità, che presenta una spiccata cromia: è una rara immagine della Trinità in cui compare la colomba dello Spirito Santo, Dio Padre ed il Crocifisso all’interno di una esuberante cornice a volute vegetali. Va ribadito che nel Seicento la costruzione ospitava il primo nucleo dell’Ospedale di Carrù; poi, nel Settecento e primo Ottocento divenne sede del Comune e delle Carceri.

Santuario Madonna dei Ronchi
La zona Ronchi era attraversata da una strada, sino a tempi relativamente recenti poco sicura ed esisteva sin dal ‚400 un pilone dedicato alla Vergine , a protezione dei viandanti che si avventuravano lungo quella via e nei sentieri della boscaglia.
Nel 1622 sono documentati alcuni lavori intorno al pilone per racchiuderlo all’interno di una cappella: questa cappella fu intitolata alla Concezione di Maria ed ai suoi genitori Gioachino ed Anna.
Nel 1730 iniziò la costruzione dell’odierno edificio che fu terminato nel 1767 su disegno di Giuseppe Antonio Rocca che aveva lavorato con Francesco Gallo nel cantiere dell’Assunta a Carrù e che nei documenti relativi al Santuario dei Ronchi è definito ‘architetto’;
Edificio di stile classico, presenta la forma di una croce greca. La facciata è imponente con belle cornici. La volta ed il bacino internamente hanno pitture di qualche pregio, e sono opera del pittore Bongiovanni di Pianfei.
Nella chiesa carrucese dei Ronchi sono dispiegate figure ed ornati a lui riferibili condotti con mano veloce e nervosa: una pittura di tutto effetto scenico e decorativo in cui sembrano confrontarsi ed accostarsi elementi ancora ispirati a certe formule barocche (semplificate) ed altri in cui emerge chiaro il nuovo linguaggio Empire.
L’altare maggiore, in marmi policromi, racchiude l’antico pilone quattrocentesco: l’affresco, abbondantemente ripreso più volte in epoche successive, è, secondo una tradizione orale attribuito a Giovanni Mazzucco (attivo e documentato in molti luoghi del monregalese e oltre, XVIº sec.
Gli altri due altari laterali (parte in stucco, parte in marmo e con decorazioni pittoriche) sono dedicati l’uno ai Santi Gioachino ed Anna, l’altro alla Vergine Assunta patrona del Paese.
Nel 1909 furono eseguiti nuovi lavori di decorazione interna affidati al pittore Alfredo Capellaro con la collaborazione del giovane Pippo Vacchetti (1873-1945), da poco diplomato all’Albertina di Torino.

Sant’Anna al Bosco
Due sono le cappelle di Sant’Anna, costruite vicine l’una all’altra.
In regione Richelma, sull’altopiano del Benale, sulle fini di Carrù verso Magliano “trovasi la divota e frequentatissima cappella dedicata a Sant’Anna. Nel luogo ove al presente vi è la chiesa, eravi nel 1876 un pilone coll’immagine di Sant’Anna, fatto costruire e dipingere da un certo Damiano Giacomo fu Andrea. In seguito, essendo sorta l’idea di far chiudere il pilone con una cappella, nel 1881 vi si diede principio, e quest’ultima si ultimò e benedì il 25 luglio 1882. Nel 1889 si gettarono le fondamenta di una nuova cappella, più ampia e più maestosa; ma per mancanza di offerte, si sospesero i lavori, lasciando i muri a piccola altezza”: questo quanto scriveva Cesare Vadda nella sua Monografia di Carrù nel 1902. La costruzione della nuova cappella di Sant’Anna proseguì nel corso del ‘900 e, dopo interruzioni e riprese fu conclusa negli anni ‘50 del ‘900, con ancora ulteriori interventi negli anni ‘60.
Le due cappelle costituiscono un luogo caro a molti carrucesi e la ripresa della festa di Sant’Anna in anni recenti richiama in quell’occasione molta gente.
La cappella più antica conservava molti ex voto che in anni recenti sono stati -gran parte- trafugati: essi rappresentavano una interessante pagina popolare di una devozione cresciuta nel corso del tempo.

 San Rocco
La cappella è formata da un avanportico aperto (apposizione relativamente recente di una cancellata in ferro) e da una cella o aula absidata e voltata a cui si accede da una porta rettangolare cui fanno da contrappunto, ai lati, due finestrelle quadrate. Oltre che dalle finestrelle accanto all’ingresso, la chiesa prende internamente luce da finestre a lunetta poste in alto.
Molto interessante l’affresco che riveste la facciata del sottoportico riferibile ad una cultura figurativa tardo manierista con una datazione ipotizabile a cavallo tra i secc. XVIº-XVIIº).
Partendo dall’alto è possibile osservare un paesaggio d’invenzione ricco di particolari; subito sotto il dipinto procede con un sinuoso, elaborato e colorato motivo a ramages e fioroni, che racchiude centralmente un cartiglio in cui è dipinta la Vergine. Nel lunettone dipinto più in basso, sottolineato da un colore rosso porpora sbiadito, compaiono Santa Lucia e la Beata Paola Gambara Costa Contessa di Bene, di Trinità e Signora di Carrù. Nelle lesene laterali, in due nicchie dipinte i Santi Rocco (a sinistra di chi guarda) e altra figura maschile non identificata (molto rovinata, forse S. Antonio).
Sempre nel sottoportico, nella parete a sinistra entrando, restano tracce di decorazione a calce, una sorta di finto bugnato. Qui, comeanche sulla parete affrescata, numerose scritte e graffiti, alcune-come quelle riferibili a soldati-di un certo interesse documentario.
Nella parete del catino absidale, dietro l’altare in mattoni e stucco costruito nel XVIIIº sec. affresco coevo raffigurante la Madonna col bimbo in trono tra San Rocco e San Bobo-a Piozzo esiste una cappella campestre a lui dedicata- si possono scorgere le tracce di un affresco più antico, probabilmente una Madonna e Santi, forse della prima metà del XVIº sec.
La lettura della parete dipinta è compromessa dall’apposizione dell’altare e, soprattutto, dallo stato di conservazione degli intonaci che accusano numerose cadute.
In anni recenti , si sono restaurati l’affresco del sottoportico e due delle tre tele conservate all’interno

EVENTI

FIERA DEL BUE GRASSO 8 dicembre 2017
La fiera del bue grasso è un tradizionale appuntamento commerciale e folkloristico. Le prime luci dell’alba, il freddo intenso, l’arrivo dei migliori capi bovini di razza piemontese, le giurie al lavoro, la premiazione con le prestigiose gualdrappe e poi scodelle di minestra di trippe con l’apoteosi del gran bollito di Carrù, sono tutti aspetti da cogliere per apprezzare al meglio il fascino di una delle più antiche fiere del Piemonte. La fiera, con qualifica nazionale e di tipologia mostra mercato, si svolge a Carrù, presso il foro boario in Piazza Mercato il secondo o il terzo giovedì antecedente il Natale, con data stabilita di anno in anno dalla Giunta Comunale; orario 6-12.