A seconda delle caratteristiche dell’uva, della sua tannicità, delle sue componenti aromatiche, ma anche a seconda della tradizione storica di lavorazione, dalla stessa cultivar possono nascere diverse tipologie di vino, capaci di esaltare diversi caratteri dell’uva d’origine. Nel nostro territorio il Dolcetto ha sviluppato due diverse tipologie, le cui differenze nascono già in campagna, dedicando terreni particolarmente vocati alle caratteristiche che si vogliono sviluppare nel vino e poi in cantina, vinificandolo e affinandolo con modalità diverse.

Nascono così il Dogliani Docg, che ci regala l’interpretazione più fresca di questo vitigno, esaltandone il frutto primario e la bevibilità per un consumo più immediato; e il Dogliani Superiore Docg, che propone un vino di maggior concentrazione, adatto ad un medio invecchiamento giocato più sui toni speziati e di sottobosco.

È la versione classica del dolcetto a Dogliani focalizzata sulle caratteristiche del frutto e dell’immediatezza.

Tecnica

Attraverso le opportune pratiche colturali e di vinificazione, si esaltano le caratteristiche più immediate del vitigno, l’incredibile esplosione di frutta, la bassa acidità che lo rende immediatamente bevibile e il contrasto con l’ammandorlato del finale. Non è vinificato in prospettiva di un invecchiamento, ma di un consumo immediato. Da alcune aziende è imbottigliato sei mesi dopo la vendemmia.

Storia

Nel quadro dei vitigni presenti nelle aziende produttrici era inevitabilmente considerato il vino che doveva garantire l’incasso immediato, perché il primo ad essere consumabile. Il suo ruolo economico lo ha spinto verso un’interpretazione che ne facilitasse l’immediatezza.

Collocazione

La sua collocazione commerciale è sempre stata il nord-ovest dell’Italia e le sue regioni, Piemonte, Liguria, Lombardia, Valle d’Aosta, con qualche puntata in alcune importanti città italiane come Roma e Firenze. Le versioni di maggior struttura e i superiori hanno invece trovato un maggior sbocco sul mercato estero.

Consumo

Nella ristorazione viene utilizzato in abbinamento a piatti non troppo elaborati, in occasioni in cui è richiesto un vino di facile bevibilità, di alcoolicità contenuta e di comprensione immediata. Anche nella sua versione più classica rimane un vino capace di concentrare in se tutte le caratteristiche dei vini del Piemonte, con un’evidente verticalità che non ricerca facili consensi. Il finale delicatamente amarognolo lo rende per eccellenza vino da tutto pasto, per la capacità di abbinamento al cibo e di pulizia del palato

Rappresenta l’interpretazione alternativa del Dolcetto, focalizzata su caratteri meno consueti ed evidenti, capace di disorientare il consumatore abituale e le sue aspettative.

Tecnica

Nella vinificazione si ricercano caratteri meno immediati, l’estrazione attenta dei polifenoli, profumi più complessi e meno evidenti, dove sentori di marasca e di mora si uniscono ad aspetti più balsamici e speziati. Questo si ottiene ancor prima nel vigneto attraverso la maturazione ottimale delle uve. È vinificato con la prospettiva di un medio invecchiamento, legato anche alle importanti quote di esportazione. Da alcune aziende è imbottigliato il secondo, o addirittura il terzo anno successivo alla vendemmia.

Storia

È un’interpretazione diversa, che si riallaccia al passato,  rispetto alla tradizione più recente del Dolcetto come vino di grande immediatezza, nata con l’impostazione quantitativa dell’agricoltura degli anni Settanta. Questa riproposizione di un Dolcetto di struttura si fonda su radici storiche antiche in cui il dolcetto a Dogliani, coltivato con i metodi dell’agricoltura tradizionale a basse rese, dava vini di corpo. A questa tradizione si affiancano le interpretazioni più recenti date negli anni Ottanta e Novanta da alcune aziende storiche. La sua “fisionomia” è legata alla conoscenza e alla consapevolezza di un territorio capace di esprimere vini di struttura, che ha concentrato tutti i suoi sforzi su questo vitigno.

Collocazione

La sua collocazione commerciale è sovraregionale e, più ancora, internazionale. È maggiormente apprezzato dove non esiste una memoria precostituita negli ultimi cinquant’anni sul ruolo di questo vino, dove il ruolo di vino quotidiano è affidato alle produzioni locali. La sua fascia di consumo è medio alta, è chi lo beve è capace e disponibile a valutare la qualità della proposta. Per la mancanza di informazione non raggiunge una fascia di consumatori potenziali, che ne potrebbero apprezzare i caratteri distintivi.
La fascia alta e gli intenditori che consumano i grandi vini per il valore del loro marchio sentono nel Dogliani superiore la mancanza di valore aggiunto del brand.

Consumo

Nella ristorazione nazionale il vino deve trovare una nuova collocazione, soprattutto psicologica. Una parte dell’alta ristorazione, che aveva sempre utilizzato il Dogliani per le meno impegnative colazioni di lavoro, dove si richiedeva un vino elegante e di basso contenuto alcolico, è incerta sulla collocazione di questa tipologia. Un’altra parte apprezza decisamente l’opportunità di avere una bottiglia che esprime un’alta qualità, senza avere prezzi troppo alti e senza un’immagine ingombrante che ne relegherebbe il consumo ad occasioni importanti. Trova consenso presso chi svolge ricerca più che nei luoghi dove la formalità ha preso il sopravvento.